Creative Thinking - La competenza che muove l’innovazione

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Travis e Garrett non chiedevano molto, in quella fredda notte parigina del 2008. Sfiniti e con due ghiaccioli nelle scarpe, volevano solo tornare in albergo.

 
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Anche se era tardi, c’erano ancora parecchie auto in giro. Ma di taxi nemmeno l’ombra. Inutile attendere. Perciò si avviarono a piedi, usando il gps dello smartphone per ritrovare la strada di casa. E rimbalzandosi improperi per ingannare il tempo. Se quei due fossero stati individui qualsiasi, si sarebbero limitati ad aggiungere una tacca alla lista dei rientri sfigati. Due imprenditori creativi come loro, invece, usarono la frustrazione come catalizzatore di una soluzione radicale: un’app che connettesse facilmente passeggeri e autisti privati. La chiamarono Uber.

Lo diciamo in parole povere: il pensiero creativo è la capacità di generare idee nuove e utili per far fronte ai bisogni, nella maniera più consona ai nostri desideri. È un approccio alla risoluzione dei problemi, dunque, che implica flessibilità mentale, apertura all’inaspettato e la capacità di vedere oltre l’ovvio. Mentre assistiamo e partecipiamo alla rapida trasformazione del panorama lavorativo grazie alle automazioni introdotte con l’intelligenza artificiale, la creatività rimane, al momento, una delle poche competenze esclusivamente umane e ineguagliabili. Probabilmente la più importante o, per lo meno, quella a cui teniamo di più e a cui dedicheremmo volentieri la maggior parte delle nostre risorse. Altrimenti perché staremmo “dando vita” a macchine in grado di fare tutto il resto al nostro posto?

Ma facciamo un po’ di anatomia del pensiero creativo. Oggi sappiamo che si tratta di un processo complesso che coinvolge diverse aree del cervello. Mentre una volta si ipotizzava che la creatività risiedesse nell’emisfero destro, mentre quello sinistro fosse il responsabile della logica. Roger Beaty, psicologo cognitivo, ha evidenziato come la creatività emergente sia frutto della sinergia tra i due emisferi cerebrali. Durante il processo creativo, i circuiti neuronali dell’emisfero sinistro e destro collaborano per combinare e ristrutturare le informazioni esistenti in modi innovativi.

Studi neuroscientifici hanno dimostrato che il processo avviene attraverso l’interazione tra la corteccia prefrontale, il sistema limbico e la corteccia parietale. Secondo il neuroscienziato Rex Jung, la creatività è associata a una connettività cerebrale dinamica che permette al cervello di passare da uno stato di pensiero divergente a uno di pensiero convergente. Nella prima fase genera nuove idee fuori dagli schemi, nella seconda le valuta e le perfeziona.

Ora che grosso modo sappiamo cosa avviene dentro la zucca quando frullano le idee, consideriamo il pensiero creativo da una prospettiva antropologica. Abbiamo già accennato che è una caratteristica distintiva dell’essere umano. Steven Mithen, archeologo e antropologo, sostiene che la capacità di pensare creativamente abbia avuto un ruolo cruciale nell’evoluzione umana, permettendo ai nostri antenati di sviluppare strumenti complessi, linguaggi articolati e culture sofisticate. La creatività ha consentito agli esseri umani di adattarsi e prosperare in ambienti diversi, risolvendo i problemi a essi legati o nati in seno alle civiltà che via via si formavano e si evolvevano. In realtà non dovremmo parlare al passato ma al presente, poiché l’evoluzione è un flusso costante che nel suo scorrere sedimenta nuovi problemi e necessità.

E a proposito di corsi (e percorsi), dal punto di vista sociologico, la creatività è influenzata e modellata dal contesto culturale. Mihály Csíkszentmihályi, psicologo ungherese noto per la sua teoria del “flusso” (più che per il cognome che sembra un codice fiscale), ha esplorato come le condizioni sociali e culturali possano favorire o ostacolare il pensiero creativo. Un ambiente che valorizza l’originalità, la diversità di pensiero e l’apertura al nuovo è più propenso a stimolare la creatività rispetto a contesti rigidi e conformisti. E considerando che creatività, innovazione e business vanno in giro insieme come nella canzone Io, mammeta e tu di Modugno (due a braccetto e l’altro appresso), basterebbe solo questo per “triggerare” le imprese a creare ambienti favorevoli dove far sbizzarrire i loro team.

Da qualche parte ovviamente già succede. Per non riempire le righe con le solite Apple e Google, pensa a qualsiasi prodotto, servizio o tecnologia in cui ti sei imbattuto trovandolo davvero dirompente, va bene qualsiasi cosa abbia definito nuovi standard o tracciato percorsi verso orizzonti inesplorati. Ci scommettiamo i buoni pasto che sono nati in contesti che promuovono il pensiero non convenzionale e la sperimentazione. Del resto, non si fa avanguardia dietro le regole di un paradigma.

Il creative thinking è anche essenziale nella risoluzione dei problemi. Quando affrontiamo sfide complesse, la capacità di generare soluzioni innovative può fare la differenza tra il successo e il fallimento. Ad esempio, durante la crisi del COVID-19, molte aziende hanno dovuto ripensare rapidamente i loro modelli di business, trovando modi creativi per continuare a operare nonostante le restrizioni. Com’è andata? A loro molto bene, a giudicare dai bilanci. Il guaio è che, alla nascita, la dote del pensiero creativo non ci viene elargita in egual misura a tutti. Se solo ci fossero uffici pubblici dove richiedere assistenza creativa gratuita su tutto il territorio… Tipo caf.

Comunque, non ci va di passare alla prossima argomentazione senza aver citato almeno un case history. Perciò, Spotify. Non proprio inaspettato, te lo concedo, ma altrettanto emblematico di come il potere del pensiero creativo influisca sul mondo degli affari. L’azienda svedese, lo sappiamo, ha cambiato radicalmente il modo in cui consumiamo musica. Passare da un modello basato sul possesso (limitato) della musica a uno basato sull’accesso (pressoché illimitato) è stata, all’epoca, una scelta controintuitiva ma rivoluzionaria. Questo nuovo approccio non solo ha introdotto un servizio di streaming che consente agli utenti di ascoltare ovunque tutta la musica ma ha risolto il problema della pirateria musicale, offrendo una soluzione legale e conveniente che ha attratto milioni di utenti. Poi la piattaforma ha continuato a innovare introducendo funzionalità come le playlist personalizzate e l’algoritmo di scoperta musicale, migliorando l’esperienza utente e creando nuovi flussi di entrate per artisti e case discografiche. In sintesi, Spotify ha utilizzato il pensiero creativo per ridefinire l’intera industria musicale, dimostrando come l’innovazione possa generare un impatto significativo e duraturo nel mondo degli affari.

Ora che abbiamo la misura del potere intrinseco del creative thinking, possiamo andare avanti e passare a un altro aspetto importante, ossia la connessione con altre soft skill. Il pensiero creativo è strettamente legato al pensiero critico. Il primo genera nuove idee, il secondo le valuta e le perfeziona, affinché siano effettivamente utili. Creative thinking + critical thinking è la “combo” ottimale che permette di sviluppare soluzioni che, oltre a essere innovative, sono anche pratiche e realizzabili. Anche quello con la soft skill comunicazione è un bel “match”. Essere in grado di presentare le proprie idee in modo chiaro e persuasivo, infatti, è fondamentale per ottenere il sostegno degli altri. «Si potrebbe rilasciare un lasciapassare», ricordi? Un buon comunicatore può trasformare un’idea creativa in una proposta convincente, capace di influenzare decisioni e strategie aziendali.

E ora, come puntualmente avviene nella nostra rubrica Skill Mosaico, scatta il momento marzulliano in cui ci facciamo una domanda e ci diamo una risposta: si può allenare il creative thinking dei team aziendali? Sì. Ma prima di dire come ricordiamo le parole di Tina Seelig, docente alla Stanford University ed esperta di innovazione, imprenditorialità e creatività: «il pensiero creativo è un gioco in cui si collegano i punti in modi nuovi». Se è un gioco, allora, quale training migliore se non quello svolto attraverso strumenti di formazione che applicano i principi della gamification? Questo approccio innovativo applica elementi di gioco in contesti non ludici, come l’apprendimento e la formazione, per aumentare l’engagement e la motivazione.

Secondo uno studio pubblicato su Emerald Insight, le attività interattive e dinamiche stimolano i partecipanti a pensare in modo diverso/nuovo. L’implementazione della gamification nei programmi di formazione professionale, dunque, non solo migliora l’engagement dei dipendenti, ma incrementa anche la loro capacità di generare idee innovative rispetto ai metodi di formazione tradizionali. Visti da questa prospettiva, quindi, i Business Game rappresentano un’opportunità unica per sviluppare il pensiero creativo nelle aziende. Inoltre rafforzano anche altre soft skill come il teamworking e la comunicazione.

In conclusione, il pensiero creativo è una competenza cruciale nel panorama lavorativo moderno. Non è solo una skill ma una mentalità che può trasformare le sfide in opportunità e le idee in innovazioni. È il motore che spinge il progresso. Investire nel suo sviluppo, attraverso l’adozione di un approccio orientato alla gamification, è una strategia vincente per qualsiasi organizzazione che aspira a essere e rimanere innovativa e competitiva nel tempo.