11Marzo
PREDIRE IL POTENZIALE DEL CANDIDATO
By: ArtématTeam |
Prima viene scaraventato violentemente contro una colonna del dojo. Poi precipita rovinosamente da un grattacielo.
Infine, distratto da una conturbante sconosciuta vestita di rosso, per un pelo non si becca una pallottola in fronte. In Matrix, Neo fallisce tutte le prove cui viene sottoposto.
Sono simulazioni immersive e realistiche (ti suona familiare?) che mettono in luce abilità e debolezze del candidato al ruolo di “eletto”. Quelle prove predicono come egli si comporterà nelle azioni reali. Si fa per dire, trattandosi di Matrix.
Anche i Business Game sono test immersivi e funzionano allo stesso modo: replicano realisticamente contesti aziendali dove i partecipanti, “giocando”, rivelano il proprio potenziale e il modo in cui affronterebbero (per esempio) stress e imprevisti nel lavoro reale.
Ciò significa che sono strumenti predittivi incredibilmente efficaci. Inoltre più un test riproduce in maniera realistica le dinamiche aziendali, più è in grado di predire la performance futura. Tutto ciò è confermato da numerosi studi.
Ad esempio, una ricerca pubblicata su Computers in Human Behavior (2020) ha rilevato che i punteggi ottenuti in un “serious game” mostrano una correlazione significativa con i risultati che poi si ottengono effettivamente sul campo.
Perché funzionano? Perché i Business Game ricreano situazioni reali senza le pressioni di un esame formale. Qui emergono le vere reazioni dei candidati, libere da ansia, paure e auto-censura: come affrontano problemi, collaborano e decidono. E i dati comportamentali che si possono raccogliere in queste sessioni spesso riflettono fedelmente le performance future.
Ma un momento, torniamo un attimo a Matrix: Neo fa cilecca durante i test. Beh, tanto nella realtà quanto nella finzione cinematografica, le simulazioni non sono quiz “pass/fail”. Se Morpheus avesse considerato quel risultato come predizione, il film sarebbe finito dopo neanche un’ora!
Il leader della resistenza umana contro il dominio delle macchine, invece, è l’emblema del recruiter che sa il fatto suo. In ottica HR, infatti, il fallimento nella simulazione non esclude necessariamente un candidato: anzi, può essere un’ottima opportunità per osservare come reagisce all’errore, se impara dall’esperienza e quanto velocemente si adatta.
E poi, è davvero indispensabile che il candidato superi la prova al primo tentativo? In fin dei conti, «la prima volta cadono tutti». Ma se durante il test dimostra in qualche modo che è disposto a spingersi oltre i propri limiti, probabilmente la volta dopo riuscirà nel salto. In senso metaforico e non.
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